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Slumberland di Paul Beatty

by redazione

Una pagina e mezza del capitolo iniziale (“I Beards Scratchers”) e l’autore vi tira dentro di forza in quello che sarà il suo fantasmagorico, irriverente soggiorno in Germania, in particolare a Berlino. Siamo nell’89 e sta per essere abbattuto il muro che divide l’est dall’ovest. Come in un graffito multicolore su una grande parete, già in quelle trentaquattro righe, Beatty delinea i  fondamentali caratteri psicosomatici e comportamentali del personaggio. Nero – definizione che l’autore dichiara di preferire ad afroamericano -, irriverente e provocatorio, ironico, sarcastico, fantasmagorico, iconoclasta: “… Ormai è ufficiale: i negri sono esseri umani… Siamo mediocri e banali come il resto della specie… Adesso sono libero di andare al solarium se ne ho voglia, e ne ho voglia”.

Fulminante incipit, i cui articolati, ustionanti e lucidissimi caratteri ritornano qui e là nel convulso immaginario di situazioni, anche estreme, che trattano il vivere e sopravvivere quotidiani, il comunicare l’ ”arte nera” in un luogo dal passato con un letale peso ideologico razzista, che in varie occasioni ancora riaffiora (come nelle righe pressoché conclusive: “…Ah, questi tedeschi. O ti vogliono fottere, o ti vogliono uccidere.”)

Proveniente dagli Usa, il nostro DJ Darky (…) è alla spasmodica ricerca di Schwa, un musicista jazz d’avanguardia, e intanto trova lavoro allo “Slumberland” (letteralmente, la “terra del sonno”), come “animatore” delle serate e nottate da discoteca, sostenuto dall’abilità di geniale manipolatore del giradischi, mago dello scratching. Qui, o si è confusi mestieranti o si è artisti.   

Non di rado Beatty ritrova questa sua esilarante capacità di affondare gli stereotipi nell’ironia e nel sarcasmo: il racconto prosegue convulso e adrenalico, caleidoscopico e perlopiù brillante, seppure a tratti debordante nella descrizione e nel difficile “dialogo col lettore”. Grottesco e dissacratore, con qualche affinità narrativa con David Foster Wallace e Kurt Vonnegut – dato il peso specifico degli “affondi carnali”, più il primo che il secondo, ci pare -,  e con salti temporali e scenografici, introduzione e abbozzo di personaggi di ogni risma. Donne di vari caratteri, “funzioni” e finzioni, che s’inseguono e si ritrovano anche nella Berlino est: a volte pure loro alla ricerca del fantasmagorico e geniale ideatore di miscele fra suono e immagini porno: quello stesso Schwa, il cui vero nome è Charles Stone, braccato da DJ Darky. E’ proprio con lui, grazie a lui, Schwa – vero eroe/mito del libro -, che il muro abbattuto verrà “ricostruito” idealmente, in tema gioiosamente e fantasiosamente musicale.

Una strada e mille vicoli narrativi che compongono le 320 pagine (18.50 €) di un libro frizzante, a tratti geniale, quanto debordante, “scorretto” e provocatorio. Bell’immagine in copertina, riproduzione di un’illustrazione di Radoman Durkovic (The Party Is On è il titolo): può rappresentare un vinile che si sta liquefacendo, emettendo materia sinuosa e vivacemente colorata, forse per il surriscaldamento energetico provocato dall’autore.

Gianni Del Savio

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